“Ragazze, io sono qui per rendervi tranquille”
Questa la frase che nell’ultima di campionato del 2014 Pietro diceva alle ragazze che si stavano giocando la salvezza a Codognè, poi conquistata.
Parole giuste nei momenti intensi.
Nella bacheca della palestra è appesa la foto di un mito del volley, “Adesso chi lo dice a Kiraly…che hai sbagliato il bagher in ricezione…” parole che servivano a sdrammatizzare e rallentare la tensione durante gli allenamenti.
E’ morto Pietro Pantaleoni, e lascia un vuoto incolmabile.
“E’ mancato Pietro, nostro allenatore da 30 anni , angelo custode della buona pallavolo e maestro impareggiabile del suo insegnamento.
Non è quindi di certo mancato il tempo, a chi fosse ben disposto nei suoi confronti per comprendere la sua forte personalità, generosa e nello stesso tempo esigente con gli altri, non meno che con se stesso, quanto si trattava di pallavolo e non solo.
Persona senza doppiezze nei confronti di chiunque si fosse trovato a confrontarsi con lui, di una coerenza quasi scostante, ma che trasmetteva a chi si presentava in palestra a sua disposizione con la stessa cocciutaggine quanto si dannava lui stesso di apprendere per essere per primo lui competente e preparato.
Per questo i tanti anni che ci hanno uniti nella pratica di uno sport che amava, quasi in maniera idolatrica, hanno trasformato un rapporto sportivo in un vincolo di sincera amicizia e di profonda condivisione, di quanto la pallavolo gli urgeva nei suoi pensieri e sentimenti.
Abbiamo condiviso tanto in tutto questo tempo insieme a te, Pietro e a Giuliana e con Giuliana condividiamo questo doloroso addio, troppo presto costretti a tributarti, con forte abbraccio alla tua Giuli.
Ciao Pietro, ovunque tu sia.”
Carlo Bonazzi e tutto il G.S.Fruvit
“Ci sono cose che non si possono spiegare con le parole. Le passioni. I legami. Gli amori. Le persone. Tu. Non so dire che cosa ci ha fatto legare cosi’ tanto in questi anni, ma so che qualsiasi cosa fosse era davvero forte… Ci siamo piaciuti fin da subito e la pallavolo me l’hai fatta entrare nel cuore, nella mente e nelle vene! Tutti ci dicevano che eravamo 12 pazze a giocare con il “PANTA”… C’erano troppe fatiche e troppi sacrifici da fare. Beh io credo che i veri pazzi siano quelli che non hanno mai provato l’ebrezza di essere allenati da te, perché hanno perso una occasione per diventare degli ottimi atleti e delle persone migliori. Io ho avuto l’onore di passare 14 anni con te e ho tantissimi ricordi di questi anni insieme… Il primo giorno che sono entrata nella tua palestra, le prime rullate, la prima volta che mi hai “buttato” in campo, le prime litigate, le promozioni, la volta che hai deciso di farmi diventare un palleggiatore, le mattinate passate in ospedale con me quando sono stata male e si… Anche il giorno in cui hai deciso che io dovevo essere il capitano della tua squadra, della tua FRUVIT.
PER ME È STATO UN ONORE!
E da capitano ti ringrazio a nome di tutte le ragazze che sono passate per questa squadra perché, come ho potuto vedere in questi giorni, ti adorano tutte da sempre! E di questo non avevo alcun dubbio!
HO IL CUORE SPEZZATO!
CIAO PIETRO!
GRAZIE DI TUTTO!”
Benny
Matricola 2812 3°grado 3° livello. Unico numero a quattro cifre, quello che compare nell’elenco allenatori della Fipav di Rovigo, il primo in cima alla lista. Quattro cifre che la dicono lunga sulla vita sportiva di Pietro Pantaleoni.
Poco più di venti giorni fa aveva festeggiato il suo 68° compleanno.
Pallavolista giovanissimo milita nelle fila della 4 Torri Ferrara, ma con la vocazione all’insegnamento di quella che sarà per lui fonte di vita, e che lo porterà nell’annata sportiva 1971-72 a giocare come palleggiatore in serie A1 con la Lubiam Bologna.
Vero talent scout, incoraggia generazioni di ragazzine e ragazzini alla pallavolo giovanile, nelle palestre ferraresi.
Ottiene buoni successi con il Cus Ferrara femminile.
Approda in polesine a Fiesso Umbertiano col G.S.Volpe in serie B. E’ stato chiamato a gestire il G.S.Fruvit di S.M.Maddalena, lì ha conquistato la B1 partendo dalla serie D, con le giovanili vince vari titoli regionali e interregionali, permettendo a tante ragazze di intraprendere una carriera sportiva di grande livello.
La sua competenza lo porta nel 1993 alla corte della nazionale di Bosetti e Delgado, nel 2000 ricoprirà in panchina il ruolo di secondo allenatore nella nazionale juniores di Guidetti.
Ci lascia un uomo di pallavolo, ma soprattutto di sport, con l’adorazione per il tennis. Se n’è andato per un male incurabile, ma che non l’ha allontanato dalla sua più grande passione nemmeno per un secondo. Anzi, la palestra l’ha tenuto in vita, fino all’ultimo, nonostante l’immobilità, ha gestito la composizione della prima squadra, quella creatura cui ha dedicato gli ultimi trent’anni.
Pietro lascia un grande vuoto, soprattutto dal lato umano. Chi l’ha conosciuto ha saputo apprezzare le sue doti e i suoi difetti, facendone la tara, come diceva lui.
Da docente di educazione fisica, spronava gli alunni all’atletica, chi scrive l’ha visto personalmente porgere sorridendo scarpette chiodate alla sua squadra in occasione di competizioni scolastiche, ma lo ha visto piangere per la commozione di aver conquistato la vetta della classifica, lo ha visto piangere nell’attesa di un risultato utile alla salvezza.
Tanti gli “avversari” che in questi minuti ne riconoscono il valore, che lo stimavano e rispettavano, ma moltissimi sono quelli che ne hanno condiviso l’affetto.
Ciao Panta
Panta rei
Chiudiamo con la bellissima testimonianza di un suo ex alunno, Matteo Pedrini.
“Pedro, mettiti qui di fronte e fai vedere a tutti come si fa il bagher”
“E chi è che schiaccia?”
“Io”. Ahia.
Poi diceva “Livello 1” e schiacciava piano. “Livello 2”, un po’ meno piano. “Livello 3”, forte. “Livello 4”, fortissimo.
“Profe, il livello 5 non c’è vero?”
“Come no? Livello 5!” e partiva una castagna a tutto braccio da tre metri che ti pulsava nei polsi per mezza giornata.
Il Panta era così. Mi adorava perché sapevo fare il bagher nonostante fossi un calciatore. Odiava il calcio e i calciatori. Gli altri professori di educazione fisica facevano giocare a calcetto nel campo nuovo di trinca che avevamo fuori dalla palestra. Lui no.
“Profe, oggi cosa facc…”
“Pallavolo”
“Ma veram…”
“Pallavolo”
“Ma non è che per una vol…”
“Pallavolo”.
Con la sua voce da Alberto Lupo, il look da Magnum P.I. e quei silenzi che usava per scrutarti.
Mi convocò nella squadra della scuola che sfidava gli altri istituti in una sorta di campionato.
“Profe, sono alto un metro e un cazzo e non sono un gran palleggiatore”
“Sei un portiere, giusto?”
“Sì, ma di calcio”
“Fai il portiere di calcio, ma a pallavolo. Tuffati, vai sulle palle perse. Para”. Il libero. E guardate che non era mica stato ancora introdotto quel ruolo.
Tutti i giorni da casa sua in bicicletta con le braghe della tuta infilate nei calzettoni. Sole, pioggia, neve, sempre. E abitava a 10 km.
Era introverso e criptico. Apparentemente inespressivo. Io lo intravedevo quel mondo là dentro, da quegli occhi di ghiaccio che stringeva mentre ti osservava e ti diceva qualcosa senza muovere la bocca. Nonostante ne facessi l’imitazione in sua assenza – trasformandolo in un personaggio celebre ben al di fuori della scuola, “Stretching-Collo-Delicato” – mi suscitava una stima e un calore che difficilmente so quantificare.
Ma è fissato con la pallavolo, mi vorrà bene solo perché so fare il bagher anche al Livello 5, pensavo. Poi un giorno capita che metto le mani addosso a un professore, capita un consiglio di classe straordinario, capita che ci sia quasi un plebiscito per votare la mia espulsione dall’istituto a tre mesi dalla maturità. Capita che quel “quasi” sia lui.
“Grazie profe”
“Ho fatto quello che andava fatto. Non volevo che nessuno ti rallentasse il tragitto. Non a te”, e poi via in bicicletta, col giornale nel portapacchi e le braghe nei calzettoni. E io a pensare a quel “Non a te” per ore. Fu il suo Ti voglio bene. Mi sentii protetto da quell’omone impassibile coi baffi. Aiutato. Capito. Senza orpelli coreografici. Capito davvero, come raramente poi mi sarebbe accaduto.
Stamattina leggo che il Panta è andato. Hanno iniziato a pulsarmi i polsi. Questa è una schiacciata intorno al livello 10.
Leggo il cordoglio doveroso e sincero dell’intero mondo pallavolistico locale. Leggo tante parole e ricordi splendidi.
“Sono qui per rendervi tranquille”, disse alle ragazze che allenava. Che è una frase stupenda e fondamentale . Un po’ come quel “Non a te”.
Questo era il Panta. Una frase stupenda e fondamentale al momento giusto. Un silenzio al momento perfetto.
Un omone col mondo dentro, che ti abbracciava con gli occhi. Uno che era qui per renderci tranquilli. Che sono soprattutto loro che alla fine servono qua in mezzo a ‘sto casino.
Ciao Profe, è stato un privilegio.
Il tuo Pedro
a cura di Ivan Ardizzoni